Protesi totale d’anca, approccio anteriore o postero-laterale?

  • 10 Giugno 2021
  • News

L’intervento chirurgico di protesi all’anca garantisce risultati generalmente molto soddisfacenti risolvendo il problema dell’artrosi, che è la seconda causa di disabilità nella popolazione a livello mondiale.
Pertanto, consentire a pazienti anche di 40 o 50 anni di età di tornare ad una vita attiva, quindi anche alla pratica sportiva, può essere considerato un traguardo molto importante per l’Ortopedico.

Protesi di anca. Approccio anteriore o postero-laterale?
La scelta dipende essenzialmente sia dalle abitudini (familiarità del chirurgo con certe procedure), ma anche dalla conformazione del paziente.
In casi specifici e oggettivamente motivati eseguo anche io, con soddisfazione, interventi per la via anteriore che sì presenta qualche piccolo vantaggio, ma anche alcuni svantaggi.

Questi riguardano soprattutto la visuale durante l’operazione che è più limitata nell’accesso per via anteriore rispetto a quello postero-laterale, mentre con l’accesso per via postero-laterale questa visibilità è maggiore rendendo meno difficile la valutazione delle dimensioni esatte della protesi. Una protesi non ben dimensionata (che allunga o accorcia troppo l’arto operato) potrebbe causare difficoltà nella ripresa della deambulazione del paziente e problemi di durata nel tempo.

Un grosso vantaggio dell’eseguire gli interventi di protesi di anca per via postero-laterale è che gli interventi di revisione delle protesi sono quasi obbligatoriamente eseguiti per via postero-laterale. Ne risulta quindi che un ortopedico che ha una ottima confidenza con l’accesso postero-laterale sarà sicuramente avvantaggiato negli interventi di revisione.
La via d’accesso postero-laterale, oltre alla migliore visuale sull’articolazione, permette anche un tempo operatorio nettamente minore, il che si può tradurre in minori perdite di sangue, minori perdite di calore e minori rischi di infezione.
A questo punto viene spontaneo chiedersi se i risultati raggiungibili con una via postero-laterale o con una via anteriore, entrambe eseguite a regola d’arte, siano gli stessi.
In base alla mia esperienza, la risposta è “sì” e, sempre nella mia esperienza, il rischio lussazione (teoricamente maggiore nell’approccio postero laterale rispetto all’anteriore) rimane comunque minimo.

In conclusione, è possibile affermare che l’accesso per via anteriore NON offre risultati in assoluto migliori di quello postero-laterale. Per questo la maggior parte degli specialisti continua a preferire il secondo.

Cosa fa davvero la differenza nell’intervento all’anca
Più che il tipo di accesso, l’importante è scegliere una tecnica mini invasiva perché consente di conservare quanto più possibile le strutture anatomiche (muscoli, legamenti e tendini, osso) per consentire al paziente di usare le stampelle solo per pochissimi giorni dopo l’intervento. Questo avviene perché questa metodologia consente di non danneggiare tendini e muscoli che resteranno sostanzialmente intatti. Questo non solo riduce i tempi di recupero complessivi ma dà al paziente, fin da subito, maggiore sensazione di sicurezza nel provare a camminare fin dalla fase immediatamente post-operatoria.

In sostanza, i maggiori benefici per il paziente operato all’anca con tecnica mini invasiva sono:

  • Miglior recupero post-operatorio
  • Minor dolore post operatorio
  • Cicatrice più piccola
  • Riduzione delle complicanze settiche (infezioni) e vascolari (trombosi)
  • Rapido ritorno alla vita quotidiana, lavorativa e sportiva
  • Durata della protesi nel tempo

La riabilitazione dopo la protesi di anca

L’approccio anteriore comporta delle differenze nel programma riabilitativo?
Alcuni chirurghi che effettuano quasi esclusivamente la via anteriore affermano che uno dei vantaggi del loro approccio è che il paziente può essere dimesso dopo pochi giorni senza la necessità di una fisioterapia specifica.
Per quanto riguarda la mia esperienza, devo dire che anche i miei pazienti operati con accesso postero-laterale, nella maggior parte dei casi, vengono messi in piedi già il giorno stesso dell’operazione e camminano già il giorno dopo. Quindi anche loro possono essere dimessi in 4 o 5 giorni con un grande incremento di autostima che aiuta moltissimo a migliorare il proprio recupero.
Io comunque preferisco farli restare qualche settimana nel reparto di riabilitazione intensiva e ritengo che questo vada tutto a vantaggio del paziente, che può così essere monitorato in modo più accurato e può avere un graduale ritorno alla vita a pieno regime.

Infatti, indipendentemente dalla via di accesso utilizzata, la protesi è un “pezzo di metallo” che viene “ incastrato” nell’osso e in ogni caso questo oggetto estraneo all’organismo deve avere il tempo di integrarsi al meglio con l’osso del paziente. La permanenza nel reparto di riabilitazione permette al paziente di acquisire una maggiore sicurezza nei movimenti della nuova articolazione e di recuperare al meglio il tono muscolare che gli garantirà un maggior benessere sul medio-lungo termine.
L’approccio chirurgico per l’impianto di protesi che quindi ritengo migliore è il postero-laterale. Questa scelta deriva dagli ottimi risultati conseguiti in 30 anni di esperienza sul campo, nei quali ho adottato e perfezionato questa tecnica. Ho utilizzato comunque altre vie d’accesso ed oggi, in casi specifici, utilizzo la via d’accesso anteriore mininvasiva, riservandola a soggetti molto magri e preferibilmente più anziani, oppure nelle fratture del collo che richiedono un impianto protesico. Questo perché nel giovane il recupero precoce è comunque un vantaggio, ma a distanza di pochi mesi non fa più la differenza, nell’anziano invece è di grande aiuto.
L’accesso postero laterale, comunque la via preferita dal 70% dei chirurghi che si occupano di protesi d’anca, generalmente viene usato sia nel caso di fratture del cotile, che nella patologia artrosica d’anca. Se però, un tempo, era necessario praticare un’incisione di 20-30 cm per inserire la protesi, grazie agli anni di ricerca e sperimentazione, oggi è possibile adottare l’approccio postero-laterale praticando un’incisione di soli 8 cm e inserendo una protesi che non compromette né muscoli, né ossa. Questo, oggi, permette di definire come mininvasivo anche la via chirurgica postero-laterale. Infine, grazie alla mininvasività, questo tipo di intervento permette un rapido recupero funzionale dell’arto, una riduzione del dolore dopo l’intervento e minori rischi di infezione.
Rispetto all’intervento eseguito per via anteriore, la via postero-laterale permette di avere tempi operatori minori, quindi minor sanguinamento e minor rischio infettivo. Questo approccio permette inoltre di operare di protesi quei pazienti che presentano gravi deformità sia post-traumatiche che displasiche, tutte situazioni nelle quali l’approccio anteriore è assolutamente svantaggioso. Ma la cosa più importante, a prescindere dall’approccio scelto, è il corretto posizionamento della protesi. Infatti, quello che conta davvero in termini di successo dell’intervento, è la risoluzione definitiva del problema, con una sopravvivenza della protesi di oltre 30 anni.